La Linea Gotica a Badia Tedalda

Se si procede da ovest verso est lungo la Linea Gotica, si potrà notare che dopo l’area di Borgo a Mozzano, questo è praticamente l’unico punto in cui gli Appennini non si propongono come un unico “muro” interrotto da singole “porte” (ossia da pochi passi, posti a molta distanza uno dall’altro, difendibili con opere collocate tutte attorno),ma si presentano invece con un’articolazione tale da richiedere la costruzione di un sistema difensivo giocoforza ramificato, in modo da coprire tutte le dorsali che tale contorta morfologia richiede. Ne scaturisce una serie di approntamenti difensivi che – almeno a queste altezze, ossia tra i 900 e i 1,000 metri slm – non ha praticamente eguali sul resto della Linea Gotica. Si tratta infatti di un complicato ma ben congegnato rincorrersi di punti di avvistamento, postazioni radio, postazioni di contraerea, trincee, casematte, alloggiamenti di vario genere, ecc., che visti nel loro insieme indicano come l’esercito tedesco fosse riuscito – pur con la scarsità di mezzi e di uomini a cui era ormai ridotto – a stendere un reticolato difensivo capillare lungo tutti i crinali “interessanti” per la difesa.

Anche qui, come un po’ ovunque, si ripete quindi la triste vicenda del reclutamento forzato degli uomini atti al lavoro per la costruzione di tali opere difensive, delle razzie di generi alimentari e beni di prima necessità, e con l’avvicinarsi del fronte, dello sfollamento forzato dei civili, spinti via in fretta e furia, verso varie località della pianura padana. Anche qui, come altrove, i tedeschi adottano la strategia della “terra bruciata” per ostacolare l’azione dei partigiani, compiendo in questo modo stragi ed eccidi un po’ ovunque ai danni per lo più di civili inermi; le due stragi più note, Tavolicci e Fragheto (località non molto distanti da Badia Tedalda), si inquadrano proprio all’interno di tale strategia, condotta, peraltro, con il solerte aiuto dei repubblichini.

In tal senso, a Badia Tedalda, in tutte le sue numerose frazioni sulle montagne circostanti l’esercito tedesco è presente già dai primi mesi del 1944; dapprima con il personale della Todt ed i militari addeetti alla sorveglianza dei lavori, poi nella primavera del 1944 con i paracadutisti della 1a Fallschirmjäger-Division. Si tratta di un’unità che si trova in Italia fin dall’estate 1943 (in luglio è in Sicilia per tentare di impedire la conquista alleata dell’isola), e che combatte poi su quasi tutte le linee difensive approntate dai tedeschi nell’Italia meridionale e centrale: in Puglia, in Basilicata, sul Vesuvio, in Molise, in Abruzzo, a Cassino, ad Anzio, in Umbria (combattimenti sul Trasimeno), per giungere infine in Toscana (Val di Chiana, Valdarno, ecc.) nella tarda primavera del 1944. Alcuni reparti della Divisione (Fallschirmjäger-Regiment 3) già dai primi di maggio sono inviate nell’area di Badia Tedalda, un po’ per “riposarsi”, un po’ presidiare i lavori della Linea Gotica ed effettuare operazioni anti-guerrigilia. Il loro comando si insedia a Fresciano, restandovi fino alla fine di luglio (sarà poi inviata in parte in Emilia e in parte a Pesaro a difendere la Linea Gotica orientale). Sempre in maggio arrivano – per stanziarsi tra Ponte Presale e Ponte Palazzi un battaglione di soldati slovacchi, equipaggiati con pezzi di artiglieria. Ai primi di giugno, a dar loro manforte, arrivano alcuni plotoni dell’EinsatzkommandoBürger (un’unità speciale antipartigiana comandata dal colonnello delle SS Karl-Heinz Bürger). Composta da tre compagnie con personale tratto dalla Gendarmerie e dalla Schutzpolizei, l’EinsatzkommandoBürger in aprile combatte in Umbria, e in giugno sostiene scontri in varie località dell’aretino. Gli uomini di Burger partecipano a molte operazioni anti-guerriglia, tra cui i grandi rastrellamenti guidati dalla famigerata Divisione “Göring“ nel Mugello e nell’alto Casentino (aprile 1944). E’ quanto continuano a fare anche una volta giunti a Badia Tedalda, dove restano fino ad agosto, occupandosi della sicurezza delle principali vie di comunicazione e della repressione anti-partigiana (sono tra i reparti che ai primi di giugno prima attaccano i partigiani sull’Alpe della Luna (il 3 gli aretini dislocati sui versanti sud del massiccio montuoso, quindi il 4 i partigiani pesaresi dislocati attorno a Montelabreve).

Dal 18 luglio – con sede del comando al Passo di Viamaggio – arrivano gli artiglieri della FlaK, la contraerea, con batterie di cannoni e mitragliatrici pesanti da sistemare in vari punti strategici.

Infine, da agosto, ecco le truppe della 114a Jäger-Division. Hanno già combattuto nel Lazio, dopo la ritirata da Anzio, poi a Roccaraso, sulla Linea Gustav, poi ancora in Umbria e nell’alta val Tiberina, presso Sansepolcro. E si sono già macchiati di diverse stragi di civili: a Filetto di Camerda e Onna in Abruzzo, Gubbio, Sansepolcro (poi nell’autunno del 1944 anche quella Madonna dell’Albero presso Ravenna). Ai primi di agosto si collocano stabilmente sulla Linea Gotica, per presidiare questo tratto di fortificazioni, e la sede del comando di divisione sarà proprio a Badia Tedalda. Vi resteranno fino all’ultima decade di settembre, per spostarsi poi nelle valli di Comacchio. Una volta sistematisi lungo le fortificazioni della Linea Gotica, questi reparti si occuperanno dapprima di completare i lavori di fortificazione, quindi di controllare le mosse degli Alleati che stanno avanzando lungo la Valtiberina, sostenendo per lo più scontri “a distanza”: scambi di colpi di artiglierie campali e “duelli” della contraerea contro i velivoli alleati (caccia e ricognitori).

Tra il 20 e il 25 settembre, dato che la Linea Gotica è stata sfondata sull’Adriatico e al Passo del Giogo di Scarperia, Kesselring – per evitare di farli rimanere chiusi in una sacca – fa rapidamente retrocedere i reparti qui dislocati verso Forlì e la Romagna. Pertanto questo tratto di fortificazioni sarà abbandonato senza subire un vero e proprio attacco. Al momento della ritirata – oltre che interrompere tutte le vie di comunicazione con il posizionamento di una gran quantità di mine – i tedeschi A Badia Tedalda raderanno al suolo diversi edifici, tra cui il palazzo comunale, il vicino mattatoio.

In termini di operato della Resistenza, queste zone sono percorse da diversi raggruppamenti partigiani. Anzitutto quelli della V Brigata Garibaldi “Pesaro” che stazioneranno per diverso tempo alle pendici sud dell’Alpe della Luna e proprio qui sosterranno ai primi di giugno del 1944 una vera e propria battaglia campale contro imponenti forze nemiche, riuscendo, alla fine, a respingerle. E poi i partigiani di Sansepolcro (la IV compagnia “Valtiberina”, facente capo alle 23a Brigata Garibaldi “Pio Borri”), guidati da Eduino Francini e Orlando Pucci e dislocati sul versante occidentale del massiccio. Infine, ma non per ultimo, i partigiani romagnoli dell’’VIII Brigata “Garibaldi” opereranno invece proprio su crinali tra l’Alta Valmarecchia e l’Alta Valtiberina, sabotando le opere della Linea Gotica, attaccando i convogli tedeschi sulle strade, assaltando le caserme della GNR per recuperare armi e munizioni. Tra i tanti partigiani dell’VIII Brigata Garibaldi caduti, anche diversi giovani originari o residenti in questo territorio (a cominciare dai fratelli Bimbi e da Foscolo Montini, le cui vicende sono piuttosto note).

Non mancano, peraltro, numerose vittime tra i civili. Le autorità nazifasciste applicano metodi molto duri: già in primavera Kesselring estendendo il famoso Merkhlatt 69/1 al territorio italiano, ha lasciato ampia libertà di manovra ai comandi locali, che possono adottare le misure più aspre verso chiunque. Le prescrizioni antiguerriglia culminano poi con l’emanazione – il 17 giugno 1944 – della cosiddetta “clausola di impunità”, per cui i militari (soldati semplici o ufficiali) che compiono massacri e violenze persino contro donne e bambini sono immuni da azione penale se il loro operato è utile per contrastare il movimento partigiano o anche solo per soffocarlo sul nascere. Si tratta, in altre parole, di una “guerra preventiva” da cui scaturisce una spirale di violenza contro i civili che solo in minima parte si collega all’operato dei partigiani. La polizia italo-tedesca – sapendo di avere “mano libera” sempre ed ovunque – compie rappresaglie ai danni dei civili anche quando di presenza partigiana non vi è traccia. Tra giugno e luglio, quando ancora non sono arrivate le truppe combattenti, i compiti di lotta alle bande e di repressione nei confronti dei civili sono svolte da varie unità di polizia. Tra queste, al comando degli SS – Standartenfuhrer Karl Burger (responsabile per Umbria Toscana e Marche) e Ernst Hildebrandt (Veneto ed Emilia Romagna), gli uomini dell’EinsatzkommandoBürger e del IV FreiwilligenBataillonPolizeiItalien (composto per lo più da italiani – ex militari internati in Germania che hanno giurato fedeltà ad Hitler – ma comandato da ufficiali tedeschi). Solo quest’ultimo reparto (le cui tre compagnie distaccate a Pieve Santo Stefano, Balze e Sarsina operano spesso anche nel territorio di Badia) in meno di due mesi fa più di 100 vittime, oltre ad un numero imprecisato di violenze, distruzioni, saccheggi e stupri.

Poi dai primi di agosto, nonostante lo sfollamento, continuano le violenze ai danni dei civili compiute dalle truppe combattenti che nel frattempo si sono dislocate lungo le fortificazioni. Presso Montelabreve, alla metà di agosto sono fucilati 3 civili (un padre con due figli), e circa un mese dopo (11 settembre) nei pressi di Rofelle una pattuglia tedesca fucila per rappresaglia 2 donne e 2 uomini (un altro ragazzo qualche tempo prima era stato fucilato lungo la stradina che da Montelabreve sale a Monterano, con l’accusa di essere un partigiano, ma era in realtà solo un renitente alle leva che tentava di nascondersi e di raggiungere il fratello).

Nel corso del dopoguerra vi saranno poi ancora vittime e feriti a causa delle tante mine rimaste sul terreno, spesso in mezzo ai campi. Tra questi ancora un partigiano dell’VIII Brigata Garibaldi: Lino Becci, di Badia Tedalda, ventenne, bracciante, appartenente al distaccamento di Giorgio Baffè. Muore il 20 ottobre 1944 in località Ciliegiolo. Nel complesso, a causa diretta o indiretta del secondo conflitto bellico muoiono 61 abitanti di Badia Tedalda; a ricordo di queste vittime – militari e civili – il 4 novembre 2011 è stato inaugurato il “Parco della Memoria”: ad ogni caduto è stato dedicato un albero della pineta che si trova all’ingresso sud del paese.

Nota bibliografica

Per la redazione dei testi si è fatto riferimento alla bibliografia attualmente disponibile, della cui composita e cospicua mole è qui impossibile dare conto. A titolo di primo orientamento, per i quadri generali del periodo 1943-1945, così come per una bibliografia di ampio respiro si rinvia a: AA.VV., Dizionario della Resistenza. Personaggi, luoghi, organismi e formazioni, De Ferrari, 2008, ed inoltre a: Collotti E. – Sandri R. – Sessi F., Dizionario della Resistenza. Storia e geografia della Liberazione, voll. I-II, Einaudi, Torino 2000-2001. Per una bibliografia sulle vicende relative alla Toscana si rinvia a quella proposta dal Museo Virtuale dell’Antifascismo e della Resistenza in http://memoria.provincia.ar.it/bibliografia.asp Per la presenza militare tedesca in Italia si è fatto riferimento soprattutto agli studi di Carlo Gentile, ivi compresa la banca dati on line curata nel 2004 da Gentile per  l’Istituto Germanico di Roma.